“Prendetermelo subito: lui sì che è un bomber”: sì, sotto le coperte però I Se lo chiamano Inseminator, ci sarà un motivo

Illustrazione di due persone (Pexels FOTO) - goalist.it
Il soprannome è tutto un dire, ha lasciato il segno ovunque ma un po’ meno nel calcio. E’ comunque una sorta di leggenda.
Nel mondo del calcio ci sono sempre stati quei giocatori che, oltre a segnare in campo, facevano notizia anche fuori. I classici donnaioli, insomma. Quelli che cambiavano fidanzata come si cambia casacca, sempre al centro del gossip più che della tattica.
Alcuni sono diventati famosi quasi più per le loro conquiste che per i gol. Pensa a George Best, uno dei più iconici: talento purissimo e vita spericolata. Diceva: “Ho speso molti soldi per donne, alcol e auto… il resto l’ho sprecato”. Una frase che dice tutto.
Poi ci sono i moderni, quelli social. Neymar, ad esempio, è spesso finito sulle riviste per le sue frequentazioni. Anche Cristiano Ronaldo, prima della stabilità con Georgina, è stato accostato a una sfilza infinita di modelle e celebrità.
Alla fine ognuno vive la sua fama come vuole, ma c’è sempre il rischio che la vita mondana si mangi la carriera. Alcuni hanno retto il doppio gioco, altri invece… si sono persi per strada
Quando il talento non basta (purtroppo)
Sai quelle storie di calciatori che sembravano destinati a spaccare il mondo… e poi si sono persi per strada? Ecco, quella di Jaime Iván Kaviedes è proprio così. Era uno di quei giocatori con un talento che ti lasciava a bocca aperta, colpi da fenomeno, numeri da top player. Ma nella vita il talento da solo non fa miracoli, servono anche testa, costanza e un po’ di fortuna.
Nel 1998, con la maglia dell’Emelec, questo ragazzo ecuadoriano ha fatto una cosa che ancora oggi fa impressione: 48 gol in 57 partite. Un’annata pazzesca che lo mise sotto i riflettori di tutta Europa. Venne soprannominato “Nine” e finì al Perugia in Serie A. Ma lì le cose non andarono come sperato.
Genio, sregolatezza e… troppi guai fuori dal campo
Il problema, però, non era solo il rendimento sul campo. La sua vita privata era un casino vero. Nel 1999 i media italiani gli appiopparono il soprannome “Inseminator” (giuro, non me lo sto inventando), perché pare avesse avuto tre figli da tre donne diverse nel giro di pochissimo tempo.
Nonostante tutto, qualche lampo lo ha lasciato anche con la nazionale. Il suo gol all’Uruguay nel 2001 fu decisivo per portare l’Ecuador al suo primo Mondiale. Un momento storico. Ma le sue battaglie personali tra cui alcol e depressione sono sempre rimaste lì, pronte a riaffiorare.