Hombre Vertical contro il ‘Demone”: i social impazziscono per la finale Champions, fan di Luis contro Simone

Un'illustrazione di San Siro (LaPresse FOTO) - goalist.it

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Due soprannomi di due leggende del calcio odierno. Tutti stanno incominciando a prepararsi per la grande finale di Champions.

Nel calcio, i soprannomi sono una cosa seria. Non sono solo vezzeggiativi: spesso raccontano una storia, un gesto rimasto impresso o un modo d’essere. Alcuni nascono per caso, altri si tramandano quasi come titoli nobiliari. E a volte diventano persino più famosi del nome vero.

Ci sono quelli legati all’esultanza, tipo “Il Gallo” Belotti, che si tocca la fronte come una cresta dopo ogni gol – pare venga da una sfida con un amico. Oppure Montella, “l’Aeroplanino”, per quella corsetta a braccia larghe. È curioso come un semplice gesto si trasformi in un marchio personale.

Altri soprannomi invece sono più fisici o ironici. Lombardo, calvo già da giovane, si beccò “Popeye” alla Samp e addirittura “Aquila Calva” in Inghilterra.

E poi ci sono quelli mitici, quelli che sembrano titoli da favola. Maradona “El Pibe de Oro”, Baggio “Il Divin Codino”. Soprannomi che vanno oltre il campo e diventano poesia. Perché nel calcio, un nome può anche cambiare… ma un soprannome, se ti resta appiccicato, è per sempre.

Parigi, Milano, e un biglietto per la gloria

Ci siamo. La finale di Champions League 2025 sarà Inter–PSG. Una di quelle sfide che già sulla carta profuma di storia. Il Paris Saint-Germain, dopo aver eliminato l’Arsenal (2-1 nella semifinale di ritorno, 3-1 totale), si è guadagnato il pass per la finalissima. Donnarumma decisivo con parate pesanti, Fabian Ruiz e Hakimi chirurgici nei momenti giusti.

Dall’altra parte, l’Inter è arrivata con le idee chiare e una macchina da guerra rodata. Inzaghi ha saputo costruire un gruppo che funziona a memoria e, onestamente, vederli giocare dà gusto. Sarà la prima volta che le due squadre si affrontano in una finale europea, e il 31 maggio all’Allianz Arena di Monaco si prevede una vera e propria battaglia. 

Simone Inzaghi in panchina (LaPresse FOTO) - goalist.it
Simone Inzaghi in panchina (LaPresse FOTO) – goalist.it

Due uomini, due soprannomi

Nel calcio si sa, i soprannomi non sono mai messi lì a caso. Prendiamo Luis Enrique, ad esempio. Gli hanno affibbiato il titolo di Hombre Vertical (Fonte: Gianluca Di Marzio), e non è solo perché suona bene in spagnolo. È un modo per dire che lui, Luis, è uno che non piega mai la schiena. Coerente, deciso, uno che resta fedele a sé stesso in qualsiasi situazione

Poi c’è Simone Inzaghi, e il suo soprannome è tutto un programma: Il Demone di Piacenza (Fonte: Goal.com). Sì, è nato quasi per scherzo, una di quelle cose partorite dai social e poi diventate realtà. Racconta di un allenatore che si è scrollato di dosso l’etichetta di “fratello di Pippo Inzaghi”, di uno che ha fatto strada con la tattica e con il fuoco negli occhi. Insomma, el Hombre Vertical e il Demone di Piacenza ci regaleranno uno spettacolo senza eguali.