Diogo Jota: morire a 28 anni non fa più audience

Diogo Jota

Diogo Jota (Instagram Diogo Jota Foto) - www.goalist.it

Diogo Jota ha perso la vita in un incidente stradale a 28 anni. Il fratello con lui 25 anni. Eppure, inspiegabilmente, non basta

24 ore. Solo 24 ore da quando Diogo Jota e André Silva Jota sono stati coinvolti in un incidente stradale. Un evento che è costato loro la vita, quanto di più caro abbiamo in questo mondo. Da ieri cordoglio e ricordi hanno preso per mano la memoria, i momenti che Diogo e Andre hanno riempito nella vita delle persone. In quel di Anfield c’è un’aria mesta, quasi ferma nel tempo dalla notte del 3 luglio.

Davanti a eventi simili, la morte ci umanizza tutti. Non guarda i conti in banca, non guarda l’età o tantomeno lo status sociale. Non c’è sportivo che tenga o scudo calcistico che orgogliosamente ti protegge. Il destino se è quello ti aspetta e così è stato per Diogo. Tuttavia, accanto al reale cordoglio si è fatto strada un disgustoso interesse per le cause, per i perchè, per i come. Nessuno se non due ragazzi come me che scrivo, da ieri, non ci sono più

Diogo Jota: la banalità del male nei social ci rende tutti colpevoli

Diogo Jota/ Instagram
Diogo Jota/ Instagram

Da ieri non fanno che susseguirsi storie, foto e messaggi di vicinanza alla famiglia Jota. Un abbraccio virtuale a chi Diogo e Andre li conosceva dal calore di un abbraccio invece che dal clamore di un gol. Eppure Diogo di gol ne sapeva: gli esordi in Portogallo e la maturità calcistica in Premier League dove dal Wolverhampton si fa notare e sa crescere. Lì, il Liverpool lo compra per 45 milioni con Klopp che saprà spostarlo dalla fascia agli ultimi 11 metri. Una punta jolly che ha saputo regalare 15 gol in una sola stagione. Anfield Road gente così non se la scorda mai.

Poi un Palmares che farebbe gola a chiunque: dalla vittoria della seconda serie inglese, 2 coppe di Lega, 1 Coppa di Inghilterra, 1 Community Shield, 2 UEFA Nations League col suo Portogallo e infine il campionato inglese sotto Arne Slot. Se questa è una storia, nel bene o nel male, nel segno del destino, ce lo racconta l’ultimo gol fatto da Diogo. Al 57′ minuto la bolgia dei Reds esulta per una sua marcatura nel derby di Liverpool contro l’Everton. Eppure non basta. Da quel momento a oggi nulla più, anzi qualcosa di troppo.

Come la morte, anche il mondo dei social è diventato beffardo, spiazzante. Indigna vedere che davanti a delle vite che smettono di sognare senza toccare i trenta, sia più importante capire come l’incidente sia avvenuto. Alle volte sono meno le domande laddove un incidente è causato, danneggiando altri. Qui invece sono tante, legittimate dalla celebrità, dal dito abboffato dall’imperativo del giudizio che ormai questa società ha. Spesso succede con chiunque: si pensa al Se l’è cercato invece che Non doveva succedere una cosa simile. Non importa che un ragazzo di 28 anni e suo fratello abbiano perso la vita in un incidente. Quello che importa è capire perché la ruota è scoppiata, fare notizia sul tipo di auto guidata e sul incapacità di evitare un incidente.

Liverpool sa dire grazie: Diogo Jota e la sua venti rimarranno

Diogo Jota/Instagram
Diogo Jota/Instagram

Ci sono delle priorità essenziali in momenti come questo. Se un padre di tre figli, un figlio, un fratello, un marito sposato da una settimana, fanno meno audience di una Lamborghini e delle dinamiche di una ruota esplosa, è il momento di porci tutti davanti alla coscienza. Non importa quanto Diogo o Andre fossero famosi, quel che importa è indignarsi per l’ingiustizia di una morte prematura invece che per l’impossibilità di vedere subito il video dell’esplosione. A Liverpool queste cose le sanno.

Proprio da ieri il n°20 di Diogo Jota è stato ritirato. Rimarrà fermo nel tempo proprio come il suo interprete. Neanche un giorno fa la gioia per il matrimonio con un para siempre che ti fa chiedere i “perché” giusti a questa vita (o almeno dovrebbe). Tanti i compagni devastati dall’evento, increduli, cercando di spiegarsi e al contempo cercando un giusto saluto. Qualcosa che rimanga lì dove l’affetto per Diogo non ristagnerà, ma anzi germoglierà con tutta la curva della Liverpool rossa. Arne Slot nella sua lettera di addio ha precisato, quasi inciso nel tempo che His name is Diogo. Che c’è di più vero? A morire, a perdere la vita è stato Diogo, è stato André. Non due calciatori. A morire saranno due ragazze, due operai sul lavoro, non chi se la cerca oppure il tizio solitario di cui interessa poco. Basta il nome.

C’è un canto che da quelle parti è sempre stato eterno e può e deve essere legato a questa vicenda. Così, come amano dire a Liverpool: Diogo, You’ll Never Walk Alone.

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