Giani morto come Morosini, il papà: “Vogliamo la verità, il medico sul campo non c’era. Prima ambulanza senza medico”

«Siamo distrutti ma ora vogliamo la verità: presenteremo una querela perché vogliamo capire come è morto nostro figlio», dice Sandro Giani, il padre di Mattia. Il giocatore del Castelfiorentino, in campo contro in Lancillotto nel campionato di Eccellenza, che ad appena 26 anni — nel giorno dell’anniversario della morte di Piermario Morosini, il centrocampista che il 14 aprile del 2012 perse la vita nello stadio del Pescara — ha avuto un malore sul campo dello stadio Ballerini a Campi Bisenzio, a due passi da Firenze. E che ieri mattina — dopo una notte passata all’ospedale fiorentino di Careggi — è stato dichiarato morto. 

Come? Dice Sandro Giani, il tono dignitoso che regge a stento il dolore: «È quello che vogliamo sapere. Io so solo che il medico su quel campo non c’era. E che la prima ambulanza del 118 è arrivata senza medico dopo 15 minuti. E che nel frattempo il massaggiatore del Castelfiorentino ha provato a rianimare mio figlio e che poi è scesa una spettatrice dagli spalti che lavora come infermiera per dare una mano. Il defibrillatore c’era ma è stato usato solo dal medico trasportato dalla seconda ambulanza. Si può morire così?».

La Procura dovrà stabilire, una volta che ci sarà l’inchiesta, se ci sono state responsabilità. L’Asl spiega che l’ambulanza è arrivata in 8 minuti e il regolamento della Figc impone la presenza del medico a bordo campo oppure dell’ambulanza. Secondo il padre il medico non c’era ma il Lancillotto (incredibilmente) smentisce: i medici erano a bordo campo. Anche se non si sa in base a quali elementi rilasci questa dichiarazione dato che ci sarebbero alcuni testimoni, tra cui il padre di Mattia, a smentire tale circostanza. 

Ad assistere Mattia, cognato del giocatore Gianluca Mancini della Roma («Il mio pensiero va per te, il nostro fratellino del nostro amato zio Elia. Caro zio Eli siamo distrutti e non ci sono parole, ma ci stringeremo e nelle difficoltà ti aiuteremo a rialzarti noi e le tue nipotine. Mattia, che la terra ti sia lieve», ha scritto su Instagram) erano andati la mamma Debora, babbo Sandro, nonno Loriano di 86 anni e la fidanzata Stefania. 

Erano partiti da Ponte a Egola, frazione di San Miniato (Pisa). Stefania, da neppure una settimana, era andata a vivere con Mattia in una casa nella zona di Stabbio, avevano passato due notti assieme, la nuova vita sembrava una promessa d’amore. Ma ieri mattina quando le hanno detto che il suo fidanzato era morto, lei è corsa fuori dal reparto e ha chiamato un’amica. Le ha detto: «Nella vita non si sa mai cosa ci si ritrova dietro l’angolo. Io ora mi ritrovo vedova». 

Per tutta la giornata di ieri, all’ospedale fiorentino di Careggi, ci sono stati i genitori e Elia, il fratello di Mattia: anche lui è un giocatore, milita nel Legnano e domenica è sceso di corsa dalla Lombardia appena gli hanno detto che suo fratello si era accasciato sul campo di calcio.

Nella casa a Ponte a Egola c’è rimasto solo nonno Loriano: nessuno gli ha ancora detto nulla. Poi la telefonata e le sue lacrime. «È impossibile che mio nipote mi abbia lasciato solo, non è vero», risponde. E poi piange. Forse qualche risposta arriverà dall’accertamento diagnostico che l’ospedale di Careggi. Perché, a ora, la Procura non ha aperto alcun fascicolo. Dice Andrea Vaglini, direttore sportivo del Castelfiorentino: «Mattia è come un figlio per me: la mia famiglia si frequenta con la sua. Era un grande giocatore. Ed era rispettoso, educato, non creava mai un problema, si faceva benvolere da tutti».

Fonte: Corriere Fiorentino

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Lisa Grelloni

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