Il figlio di Gigi Riva, Nicola si è raccontato in una lunga intervista a Il Messaggero: “Sono del 1976 e quindi non l’ho visto giocare. Da bambino per me papà era solo un calciatore famoso. Ma non esistevano Internet o YouTube, per guardare i suoi gol aspettavo che ci fosse una ricorrenza o una sua partecipazione – rara – a un programma Tv. Era un’emozione, ogni volta: mi venivano le lacrime. Fu un conflitto, da appassionato di calcio: capivo che era mio padre, ma anche che era Gigi Riva“.
Come è stato essere il figlio di Riva? «Una sollecitazione continua, sin da bambino. Quando giocavo a pallone, il paragone era difficile da sostenere. Io cominciai a sei anni, ma quando passai al Cagliari, a 14, la maglia era pesantissima e io con questo cognome non mi sentivo sereno. Ho avuto un rifiuto e ho smesso: per quattro anni non ho voluto più saperne del calcio. Avevo la consapevolezza che diventare come lui sarebbe stato impossibile».
In tutto questo suo padre? «E’ rimasto al di fuori. Non è mai venuto a vedermi, non mi ha mai dato un consiglio. Non voleva essere un peso per me. Invece allo stesso tempo io avrei avuto bisogno di un parere, di un sostegno».
Guardavate le partite insieme? «Mai. Ce lo proibiva, quando eravamo a cena con lui. Soffriva: Cagliari e Nazionale lo facevano star male. Pativa la tensione, si agitava».
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