Rocchi: “In Inghilterra l’errore arbitrale è accettato. Prevalenza arbitro di monitor su quello di campo in futuro? Spero di no”

Gianluca Rocchi, ex arbitro di Serie A oggi designatore degli arbitri oggi è intervenuto al Social Football Summit, su diversi temi, raccontando la nascita della figura dell’arbitro ma anche le sue evoluzioni, fino ad arrivare alle tecnologie utilizzate oggi come la goal line technology.

Come si muove nel suo lavoro

VAR? Lavoriamo con una società che ha anche Sinner, per la parte mentale. Per noi è molto importante che quei ragazzi che vanno di fronte ad un monitor, sapete che lo stress non è molto semplice, dunque stiamo lavorando molto sulla parte mentale con loro. La settimana seguente lavoriamo con gli assistenti. Parteciperanno anche i ragazzi di Serie C, perché stiamo cercando di utilizzare la stessa filosofia tra A, B e C in modo che quello di C quando arriva alla CAN sia già preparato, già pronto per la categoria.

I feedback sul VAR

I feedback sono positivi perché comunque facciamo cultura arbitrale anche per i ragazzi più giovani, per cui anche a livello di regolarmento. Generalmente so che anche i club sono contenti, alla fine dobbiamo considerare che siamo un servizio per le squadre. L’obiettivo nostro è quello di rendere un po’ pubblico a tutti il vero lavoro che è dietro ad una decisione. Noi non è che andiamo a lì per dire questo è così punto e basta. Noi vi diciamo la lettura che faremo da inizio a fine stagione su una certa tipologia di episodio, poi rimane l’interpretazione di tutti. Avete sentito ed apprezzato la comunicazione che i ragazzi usano anche sotto stress, abbiamo fatto un lavoro immane. Anche i calciatori hanno capito l’importanza di stare tranquilli quando c’è una revisione in corso, perché il silenzio durante una revisione permette a chi è al monitor di lavorare in armonia e serenità e di non essere pressato.

Sulla storia degli arbitri e le introduzioni della tecnologia…

Il doppio arbitro è un esperimento che non ha avuto troppo successo. Per arrivare ad un supporto tecnologico dobbiamo arrivare al 2007, prima avevamo solo le bandierine elettroniche. Per farvi capire che ho arbitrato 4 anni in Serie A, se ci penso oggi nemmeno me lo ricordo, senza poter comunicare con i miei colleghi in campo.

Come comunicavamo prima? A gesti, gesti segreti ma che ovviamente sapevano tutti. L’assistente andava con la bandierina sul calcio d’angolo per indicare il rigore, quando c’era qualcosa tutti lo guardavano, se non lo davi accadeva un cataclisma. Gesti segreti dunque ma pubblici. Per cui era anche difficile, c’era anche chi si inventava un gesto strano per comunicare. Oggi pensare in una partita dove gli arbitri non si parlano sarebbe una follia completa.

Nel 2012 si provò un altro esperimento, l’arbitro di porta, due figure in più per dare supporto all’arbitro. Uno dei problemi è che c’era soggettività, interpretazione diversa. Nel 2015 prima volta la tecnologia, gol/non gol, quando si rompe un muro fai un bel “botto”. Questa tecnologià arrivò anche per grandi polemiche. Per noi è stata una salvezza, andare in campo e non preoccuparmi di un pallone dentro/fuori che è la cosa più oggettiva era un risultato straordinario. Nel 2017 sono stato uno dei primi a sperimentare sia offline che online.

Sul VAR oggi introdotto…

I paesi britannici vedono la figura dell’arbitro come un male necessario. Lì l’errore arbitrale è accettato, quindi arbitro bene anche senza tecnologia ma se vivo in un Paese dove se sbaglio una rimessa laterale mi ci fanno una settimana di polemiche... Abbiamo una tecnologia completa, il VAR è una filosofia, è un’assistenza all’arbitro di campo, il quale ha l’ultima parola decisiva. Il VAR è un supporto all’arbitro non può mai sostituirlo o essere un secondo arbitro.

Prevalenza arbitro di monitor su quello di campo in futuro? Spero di no, ma la tecnologia è arrivata da pochi anni e sembra una vita, lo sviluppo è talmente rapido che potrebbe accadere di tutto. La tecnologia invade il campo dell’arbitro tanto quanto si è disposti ad accettare l’errore. Dove il calcio è nato ti insegnano che l’errore è parte del gioco.

Oggi la partita senza VAR ahimè o fortunatamente ha un impatto diverso. Chiaro che questo strumento ha cambiato la nostra vita in maniera positiva, soprattuto dal punto di vista sociale. Se l’obiettivo è risolvere un problema al 100% vi dico che è impossibile, siamo fuori strada, 93-94% come siamo oggi è un successo straordinario. Io parlo di errori macro che decidono le partite.

Inizialmente per questione di numeri, gli arbitri facevano il doppio ruolo, oggi andiamo in una direzione di avere soltanto specialisti, attualmente sono 19. L’obiettivo è portarli a 22-25 di alta qualità. Chi fa l’arbitro in campo deve crescere lì, chi fa il VAR uguale al monitor. Sono arbitri che hanno fatto gli arbitri in A per almeno due anni e che escono per X motivi; in campo non vedevano soddisfazioni intelligentamente vanno al monitor e lì ci siamo accorti che sono dei fuoriclasse.

Struttura tra i migliori al mondo? Sì, anche per come lavoriamo con loro. Il processo di sviluppo è questo. Noi abbiamo Di Paolo che oggi è al mondiale U-17, ha capito il ruolo e studia. L’arbitraggio è talento, o l’hai o non l’hai, io posso spiegare ma la personalità o l’hai o non l’hai così come l’empatia, la forza decisionale, il coraggio. Il VAR può diventarlo con basi chiunque, puoi farlo studiando.

Nel 2021 a Lissone, grazie alla Lega Serie A è una sala VAR stupenda, ce la invidia il mondo intero, siamo ospiti graditi in questo centro. È qualitivamente molto bello. VAR in loco? La Serie B ancora in parte lo fa lì. La nostra filosofia è questa, noi quello che stiamo dicendo ai VAR è essere spietati, fregatene di chi è in campo, della sua carriera. L’idea di staccarli è filosoficamente una scelta, cercare di dare al VAR una sorta di secondo termine di giudizio. Tu VAR stai vedendo quello che vedono milioni di persone a casa, cosa che tu in campo non vedi.

Io rientravo nello spogliatoio e solo dopo a fine partita scoprivo quello che potevo aver fatto. Se vai in conflitto con il VAR, se vivi l’errore, vi garantisco è difficile da superarlo, se tu vivi l’errore come una bocciatura o come una mancanza di fiducia per esempio mia nel futuro tuo, crolli. Allora bisogna far capire loro, anche con designazione forzate, che se hai fatto un errore, poi hai arbitrato bene io ti premio. Se tu lo fermassi per quell’errore lì, rischi di perderlo, perché vivrà ogni errore futuro come una bocciatura.

Siamo umani non arriveremo alla perfezione. L’Italia è avanti da questo punto di vista, qui abbiamo tre tecnologie, non ci siamo fatti mancare niente, la Liga spagnola non ha la Goal Line Technology, e da gennaio scorso abbiamo il fuorigioco semi-automatico, una parte umana c’è sempre, il VAR deve solo controllare che il frame che la macchina propone sia quello giusto, non può forzare perché andrebbe fuori protocollo.

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