1953, da Wembley a Wimbledon, l’Ungheria schianta l’Inghilterra e riscrive la storia con il CT Marco Rossi

Marco Rossi, allenatore Italiano Piemontese DOC è il CT della Nazionale ungherese dal 2018. E ieri con merito ha scritto la storia, anzi… Riscritta: torniamo indietro al 1953:

Dibusz; Lang, Orban, Szalai; Fola, Schafer, Styles (56′ A.Nagy), Nagy; Szoboszlai (56′ Gazdag), Sallai (78’ Nego); Szalai (68′ Adam). A disposizione: Bolla, Kecskes, Kerkez, Schon, Spandler, Szappanos, Vescei. Allenatore: Marco Rossi.

Grosics (dal 78’ Gellér), Buzánszky, Lóránt, Lantos, Bozsik, Zakariás, Budai, Kocsis, Hidegkuti, Puskás, Czibor. Allenatore: Sebes

Non riuscite a mettere in correlazione queste due formazioni? Se è così, o non siete inglesi, o non siete ungheresi, o siete troppo giovani o, semplicemente, non avete sfogliato con la dovuta attenzione i libri di storia. La disfatta subita dalla nostra nazionale in terra tedesca ha lasciato di stucco un po’ tutti e certo in molti avranno trovato parziale consolazione apprendendo che la sorprendente nazionale ungherese guidata da un nostro connazionale, Marco Rossi, ha sbancato Wolverhampton infliggendo all’Inghilterra una delle più pesanti sconfitte subite in tempi recenti dai rappresentanti d’Albione. Non tutti, però, sanno che al di là della manica, questa batosta ne fa tornare alla mente un’altra, altrettanto difficile da digerire e subita, ad opera dello stesso avversario, da quella che all’epoca si riteneva la squadra più forte del mondo e che mai era stata battuta, sul prato verde di Wembley, da una nazionale “continentale”.

Forse solo la regina Elisabetta, a quel tempo già seduta sul trono d’Inghilterra, potrebbe raccontarci cos’accadde veramente quel 25 novembre 1953 quando la “squadra d’oro” condotta da capitan Ferenc Puskas, riuscì nell’impressa di dare una lezione a chi si riteneva “maestro” solo in virtù del fatto che al calcio, aveva dato regole e schemi. Nonostante tre anni prima, nel 1950, in occasione della prima partecipazione ad un campionato del mondo, la “presunta” superiorità inglese fosse stata messa in discussione dalla rete realizzata da un umile lavapiatti haitiano naturalizzato statunitense di nome Joe Gaetjens, i leoni, sulla cui panchina era seduto un autentico guru come Walter Winterbottom, non avevano dubbi. Nonostante fossero stati eliminati al primo turno di quel mondiale, concluso dal tragico “Maracanazo” al termine del quale l’Uruguay, sconfiggendo i brasiliani padroni di casa, conquistò la Rimet, i più forti erano ancora loro. Lo diceva la tradizione, lo affermava la storia ma soprattutto, lo confermavano le statistiche. A Wembley, solo Galles e Scozia, in passato, avevano fatto bottino pieno e nel 1949 solo l’Irlanda, nazione anch’essa “isolana” ma fuori dai confini del Regno Unito, era riuscita nell’impresa di espugnare il leggendario stadio. Tutti quelli che avevano provato ad attraversare la manica, avevano subito la medesima sorte; quella della sconfitta.

Pensare che i magiari guidati dal C. T. Sebes sarebbero riusciti ad invertire la tendenza, era pura utopia. Certo; l’Ungheria era degna rappresentante di quella scuola danubiana che negli anni Trenta aveva fatto lustrare gli occhi all’Europa intera grazie alle innovazioni tecniche apportate al gioco ma all’alba dei ’50, pur potendo vantare fra le proprie fila campioni del calibro di Puskas, Hideguti e Czibor, a Buckingham Palace non hanno dubbi. Ancora una volta, vinceranno gli inglesi. E invece, quel giorno di novembre del ’53, avviene qualcosa d’incredibile. La tripletta di Hideguti (che in futuro allenerà, fra le altre, anche la Fiorentina) e la doppietta di Puskas (che realizzerà uno straordinario gol evitando con la consueta innata eleganza l’intervento in scivolata del capitano inglese Billy Wright) permettono all’Ungheria di conquistare la vittoria con un tennistico 6-3 che trasforma Wembley in Wimbledon costringendo, anche se di malavoglia, i 100.000 spettatori presenti ad applaudire sportivamente una squadra che da quel momento entra nella leggenda del calcio.

Ieri sera, a distanza di quasi settant’anni, un’altra bella, concreta e vincente Ungheria, ha fatto andare nuovamente di traverso ai tifosi inglesi quel fish and chips che dalle nostre parti potremmo tradurre con: “tavolinetto davanti al televisore, frittatona di cipolle, familiari di Peroni ghiacciata, tifo indiavolato e…beh; il resto lo sapete”. Perché noi avremo pure la nostra Macedonia, la nostra Svezia e la nostra Corea ma…vuoi mettere la soddisfazione di aver avuto due volte l’Ungheria?

Articolo a cura di Nico Morali

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