Licenziato perché in malattia va a vedere Fiorentina-Juve, il giudice lo reintegra. Il motivo
Scrive il Corriere Fiorentino, si è tolto il doppio sfizio di vedere la sua Fiorentina vincere con la Juve, in quella che è la partita più attesa dai tifosi viola, e di evitare il licenziamento che era scattato quando lo avevano sorpreso allo stadio Franchi mentre era in malattia dall’azienda di cui era, e ora è di nuovo, dipendente. Per il giudice del lavoro di Arezzo, Giorgio Rispoli, una sciatalgia non era malessere che obbligasse il protagonista a rimanere in casa in attesa di un’eventuale visita fiscale.
La storia, anticipata dal Corriere di Arezzo, chiude una vertenza che è andata avanti per mesi, col magistrato che già una volta si era pronunciato in favore del lavoratore. Comincia tutto il 22 maggio 2022, quando al Franchi arriva la Vecchia Signora, la rivale più odiata dai supporters della Fiorentina, fra i quali quel sabato c’è anche il dipendente in malattia. La Juve aveva ben poco da chiedere a un campionato ormai quasi finito e infatti la Viola non ebbe difficoltà a conquistare una vittoria senza problemi, gol di Duncan e Nico Gonzalez per la cronaca.
I problemi, invece, diventano ben presto quelli del lavoratore, che vive nel Valdarno aretino, licenziato in tronco dopo essere stato notato sugli spalti. L’azienda, anch’essa valdarnese, gli contesta di aver tradito il rapporto di fiducia: avrebbe comprato il biglietto in largo anticipo e si sarebbe dato malato per andarsene allo stadio. Inevitabile l’opposizione alla chiusura del rapporto di lavoro davanti al giudice, che adesso si pronuncia in favore del ricorrente. Secondo Rispoli, il fatto che il biglietto fosse già stato acquistato il 13 maggio, quando il tifoso sapeva che quel 22 sarebbe stato di turno in azienda, non ha valore nella causa: la partita, infatti, si sarebbe dovuta inizialmente giocare la domenica, giorno nel quale il dipendente sapeva già di essere libero. Solo all’ultimo momento avvenne l’anticipo al sabato.
E comunque, ritiene il giudice, la sciatalgia non è malattia che richieda di non muoversi da casa, chi ne è affetto e ha presentato un certificato può tranquillamente muoversi come preferisce: altrimenti sarebbe un’indebita violazione della libertà personale che può essere inflitta solo per un provvedimento restrittivo dell’autorità giudiziaria. Poi, argomenta ancora Rispoli, il tifoso non rischiava neppure un aggravamento della malattia: in caso di riacutizzazione, avrebbe avuto tranquillamente la possibilità nei 90 minuti allo stadio di assumere un antidolorifico.
«Assistere a una partita – scrive il giudice del lavoro – non richiede particolari sforzi fisici». Il risultato è l’ordine di reintegrare il dipendente nel suo posto di lavoro, con condanna dell’azienda a pagare anche le spese di causa. Per il tifoso in questione è come aver segnato il terzo gol di quella partita che fu già trionfale per i suoi colori. Solo che questo pallone in fondo alla rete se lo gode solo lui.