De Gregori nell’82 cantava ‘Leva calcistica del ’68’. L’importanza del non giudicare un giocatore dal singolo errore, il “non aver paura di tirare un calcio di rigore”. Ad oggi risulta essere un monito che sembra sgretolarsi nell’aria, sul quale nessuno ha posto la sua attenzione anzi, un po’ tutti se lo sono divorati. Tornato ad oggi, più precisamente qualche giorno fa, l’allenatore del Tottenham Ange Postecoglou in conferenza stampa ha dato rilevanza alla tanto discussa mental health nel mondo del calcio e dello sport in generale. Lo ha fatto con eleganza, discrezione, le parole di chi ha colto l’aggressività continua dei questo mondo, solo latente agli occhi di molti.
L’IMPORTANZA DELLA PAROLA– Parte tutto dalla difesa nei confronti della sua punta Richarlison, abbastanza bersagliato dai giornalisti e dalle tifoserie stesse, l’istinto pare essere quello paterno. Il greco così mette a nudo l’importanza del prendere coscienza che tutti hanno problemi e tutti combattono la loro singola battaglia. Parte da lui, inconsueto per chi di solito siede in panchina e viene additato solo dopo un errore o una sconfitta. ‘Ho perso mio padre tre anni fa, ancora convivo col dolore, il viaggio continua,va avanti [..]Non basta essere ricchi, seppur aiuti, non è tutto. I giocatori possono soffrire, non sono supereroi”. Cala il silenzio in sala stampa a queste parole del tecnico degli Spurs, come a voler dare eco a un concetto fondamentale: un atleta, dal calciatore al corridore, dal rugbista al nuotatore, non sono immuni dalla pesantezza di tutti i giorni, quella vale per tutti.
TANTI, TROPPI ESEMPI- Riflettiamoci: chiunque convive col pensiero che un calciatore, con tutti i milioni che prende non abbia di che preoccuparsi. Chiunque crede che un’oro olimpico al collo ti metta apposto per una vita. La felicità data da questi fattori è lampante eppure ci si dimentica troppo spesso che parliamo di persone e non di entità eteree esenti dagli eventi. Con la stessa convinzione noi tutti, pochi esclusi, ci si sente in diritto di sbizzarrirci sui social, scagliarci contro quel terzino ‘coi piedi al contrario‘, quell’attaccante con la ‘mamma che fa il mestiere più antico del mondo’ oppure con quel corridore che ‘si dai, si è dopato una volta, è sicuramente un drogato’. La tendenza è quella a scambiare il diritto di parola col dovere di giudizio incontrollato. Prendiamo un esempio molto vicino ai nostri giorni: Harry Maguire. Classe ’93, secondo difensore più pagato della storia del calcio, è caduto in un circolo di negatività e odio come miglior bersaglio dei tifosi inglesi. Da possibile promessa a continui errori sul campo – per carità errori evidenti e gravi a certi livelli in un top club come lo United- che lo hanno reso oggetto di scherno e derisione da parte di tutti. Un meme dopo l’altro, commenti su commenti nel Purgatorio dei social, tanto da dover far intervenire la madre. La mamma è sempre la mamma e in questo caso ha detto basta. Troppo pesanti i giudizi, troppe le parole che un singolo ragazzo di 30 anni deve affrontare. Uno solo contro il mare dell’oggettività e della critica incondizionata. Parlando del calcio nostrano viene in mente Josip Ilicic: classe ’88, stella dell’Atalanta e della nostra Serie A dal piede sopraffino. Tutto risulta magnifico da fuori, la leggerezza dei tiri a giro e le sembianze di un supereroe senza mantello. Da dentro arriva un mostro dalle sembianze di un buco nero che non sai dove ti porta. La prima pesante caduta nel 2020 post Coronavirus, la seconda a gennaio 2022. Josip ha combattuto contro la depressione e con tutta Bergamo a fargli da scudo ha lottato contro un sistema al quale non viene riconosciuto il diritto ad essere umani ma solo quello ad essere forti e spavaldi, inclini all’arroganza del calciatore con le tasche piene.
Dei tabù ci sono e anche tanti. Ci troviamo nella situazione di non capire come tanti siano ragazzi, nostri coetanei o giù di lì che attraversano il mare mosso della carriera sportiva sì consapevoli delle difficoltà, ma senza aspettarsi (giustamente) una gogna mediatica asfissiante per il solo essere uno sportivo. Che se ne parli, che Postecoglou non sia solo il caso isolato di un uomo atipicamente gentile nel calcio. Siamo tutti coscienti della differenza di stipendio che intercorre tra calciatori e altri, ci mancherebbe non esserlo. Ma forse l’appello del tecnico degli Spurs, ci piace pensare, sia per dire che ‘calciatore’, ‘corridore’, ‘avvocato’, ‘dottoressa’, ‘maestra’, mestieri a parte, siano tutti sinonimi di essere umano
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