In una serata (quasi) perfetta, meriti e demeriti di Italiano. A lui il compito di far vedere il bicchiere mezzo pieno
di Stefano Borgi
Difficile commentare una “quasi” sconfitta come quella di stasera contro la Roma. È difficile senza correre il rischio (e forse l’errore) di distribuire colpe a destra e a manca, senza invocare la sfiga (Pradè dixit), senza rincorrere complotti divini, senza (come recitavano gli antichi, sembra fosse un detto tedesco del 1500): “gettare il bambino con l’acqua sporca”. Eh già, perché di acqua stasera ne è corsa parecchia ed il bambino in questione ha tante facce positive: un grande primo tempo (ed anche una buona ripresa), due gol alla squadra più in forma del campionato, un Bonaventura di nuovo todocampista, la rinascita di Sottil, la ritrovata condizione di Mandragora, il “peso specifico” di Belotti al centro dell’attacco, e potremmo continuare… Di contro l’acqua sporca con l’ennesima prova impalpabile di Ikonè (quella su di lui è una vera e propria “fissa” da parte di Italiano), la solita, immancabile disattenzione finale, la mancanza di esperienza (di cattiveria?) che ti porta alla bandierina nei momenti decisivi, i tre cambi in contemporanea nei minuti di recupero che probabilmente hanno tolto compattezza e serenità alla difesa, necessarie negli ultimi minuti della gara. E poi la psicosi sui rigori, diciamo pure un’isteria collettiva.
BIRAGHI, TU QUOQUE? In totale siamo arrivati a cinque penalties falliti, tra supercoppa e campionato. A cazzotto diremmo tra i 4 ed i 5 punti persi. Cinque errori che, per assurdo, vengono in una stagione nella quale i primi due turni di coppa Italia sono stati passati… ai rigori. Dieci trasformazioni (tra Parma e Bologna) a dir poco impeccabili, anche ad opera di insospettabili come Milenkovic, Mandragora e Maxime Lopez. Soprattutto stupisce come vengano fatti battere a dei simil-parvenus vedi Biraghi che in carriera ne ha sbagliati 4 su 6, Ikonè che (forse) ne aveva calciato uno a Lille, a Bonaventura che, tranne uno sbagliato in coppa Italia col Milan (tanti anni fa), è un totale neofita in materia. Sembra che a volte manchi una guida, un ordine di scuderia, una fiducia collettiva in chi lo tira, sembra che chiunque si presenti sul dischetto si senta sotto esame e non regga la pressione. Occorre un lavoro mentale e psicologico approfondito, e questo lo può fare solo l’allenatore.
BICCHIERE MEZZO PIENO: alla fine della fiera, comunque, il bicchiere è mezzo pieno. Con altri due punti in meno ma è mezzo pieno. Ad Italiano diamo un compito, convincere il gruppo che quella con la Roma (contrariamente al nostro incipit) è una quasi vittoria. Che l’approccio è stato giusto, che la mentalità è stata giusta, che l’intensità, la voglia di vincere e sopraffare l’avversario, sono state quelle giuste. Più che giuste. Sono state praticamente perfette. Tranne i dieci secondi finali. Che, ahimè, fanno tutta la differenza del mondo. Anche a questo dovrà porre rimedio Italiano.
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