Felipe Anderson dice addio alla Lazio (per la seconda volta) e torna in Brasile. La storia di un talento che “se non avesse difetti caratteriali giocherebbe al Real Madrid o al Bayern Monaco”
L’annuncio improvviso è arrivato nella serata di ieri: Felipe Anderson lascerà la Lazio a fine stagione dopo 58 gol e 63 assist in 319 presenze (numeri da aggiornare nel finale di stagione). L’addio era nell’aria, la sorpresa arriva dal club che lo accoglierà, il Palmeiras. Il brasiliano sembrava destinato a indossare i colori bianconeri della Juventus, ma alla fine ha preferito tornare nella sua terra d’origine. D’altronde la “saudade” colpisce spesso i calciatori verdeoro e Felipe arrivò in biancoceleste dal Santos nel lontano 2013.
L’ARRIVO IN ITALIA – L’approccio al campionato italiano non fu facile. Servì la classica stagione d’ambientamento, in cui non riuscì neanche a timbrare il cartellino in campionato. Sbocciò l’anno successivo con Stefano Pioli allenatore: 10 gol (unica volta in carriera) che trascinarono la Lazio al terzo posto. All’epoca significava qualificazione ai preliminari di Champions League. Pur riuscendo sempre a dare il suo contributo, quella stagione rimarrà il suo picco più alto. Negli anni successivi con Inzaghi in panchina, infatti, realizza solo 4 a campionato, fino alla cessione al West Ham nel 2018 per 40 milioni di euro.
L’ESTERO – La prima stagione in Inghilterra con Moyes va molto bene. In Premier firma 9 gol e 4 assist in 36 partite. Ma nei 2 anni successivi si spegne la luce. Man mano esce fuori dal progetto inglese e viene dato in prestito per metà stagione al Porto, dove però gioca soltanto 5 partite. Il momento più difficile della carriera di Felipe Anderson. A “salvarlo” ci pensa il suo primo grande amore calcistico, la Lazio.
LA RINASCITA CON SARRI – Lotito decide, infatti, di riportarlo in biancoceleste tre anni dopo il suo addio. Facendo di fatto anche un grosso affare economico: venduto a 40, viene ripreso con 3 milioni più una percentuale della futura rivendita. A 28 anni Felipe si rimette in gioco in un ambiente che conosce e che lo mette a suo agio. Sarri, che lo ha voluto fortemente, lo stima tantissimo. Tanto da ripetere spesso che “se non fosse così discontinuo e non avesse problemi caratteriali, non giocherebbe alla Lazio, ma al Real o al Bayern”. Proprio in questi tre anni, Felipe trova, forse per la prima volta, la continuità. Senza i picchi altissimi raggiunti con Pioli, ma con un equilibrio che gli permette di essere fondamentale per il nuovo corso biancoceleste. I numeri sono impressionanti: da quando è tornato non ha saltato neanche una partita tra campionato e coppe. Per 142 partite consecutive sempre presente, anche nel nuovo ruolo del “falso nueve”, in cui fa benissimo. Quasi un modo per contraccambiare l’esserci stata della Lazio nel suo momento peggiore.
Ora una scelta di vita lo riporterà lontano dalla Lazio. Nella sua terra d’origine, il Brasile. Ma i tifosi possono essere certi che in queste ultime partite di campionato e Coppa Italia Felipe Anderson darà tutto fino all’ultimo minuto. Lo dimostra la sua storia, la sua professionalità e anche il suo amore per i colori biancocelesti.
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