Thiago Motta ha scritto la prefazione dell’ultimo libro di Walter Vetroni – Numeri 10, incontri con i grandi del calcio – appena uscito per Solferino e il Corriere di Torino oggi in edicola ne ha riportato uno stralcio: “Ogni allenatore, idealmente, aspira a costruire una squadra che riproduca collettivamente le stesse emozioni, gli stessi sogni, le stesse passioni che un numero 10 è in grado di trasmettere, toccando il cuore dei tifosi. È idea comune ormai considerare che il calcio di oggi, a causa dell’evoluzione imposta dalla tecnologia e dell’esigenza di un ritmo di gioco sempre più alto, sia un nemico della creatività e in particolare di quella dei numero 10: non sono d’accordo.
Durante la mia infanzia i racconti di mio padre sul calcio vertevano su due argomenti: i fatti legati alla sua squadra del cuore, il Palmeiras, e le giocate, le partite e tutto ciò che riguardava un unico giocatore, ovvero Edson Arantes do Nascimento… Pelé. E dopo si dibatteva, o meglio: con personale calore e affetto dibatteva lui, su quanto reputasse lontani dal livello di Pelé mostri sacri quali Rivelino, Rivera, Cruijff, Zico; giocatori che hanno segnato epoche calcistiche e che hanno fatto sognare ed emozionare milioni di tifosi; ma che, a dire di mio papà, non erano comparabili alla grandezza di Pelé. Gli allenamenti e le partite in squadra con Ronaldinho sono rimasti impressi non solo nella mia mente, ma hanno lasciato un segno altrettanto indelebile nelle mie emozioni”.
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