Tonali-Milan è finita, ma a chi servono le bandiere? La disaffezione di un calcio ormai solo business

Photo LiveMedia/Nderim Kaceli Milan, Italy, May 06, 2023, italian soccer Serie A match AC Milan vs SS Lazio Image shows: Sandro Tonali of AC Milan during the Italian Serie A, football match between Ac Milan and Ss Lazio on 06 of May at Giuseppe Meazza Stadium in San Siro, Milan.Photo Nderim Kaceli LiveMedia - World Copyright

L’addio di Sandro Tonali al Milan in direzione Newcastle è ormai certo e tra i tifosi è tornato al centro il dibattito sulle bandiere nel calcio: in alcune dichiarazioni del recente passato il centrocampista italiano ha espresso la sua volontà di restare al Milan fino a fine carriera, cercando di vincere altri trofei anche internazionali con la maglia rossonera. Ormai è evidente che gli unici a credere nelle bandiere sono i tifosi che hanno almeno più di 20 anni, perché sono e siamo tra le ultime generazioni che hanno vissuto le bandiere nel mondo del calcio: nel 2009 Maldini dà l’addio al calcio, nel 2012 salutano Nesta, Gattuso, Inzaghi, Seedorf, nel 2014 Zanetti appende gli scarpini al chiodo, nel 2017 dice addio anche Totti, forse l’ultima vera autentica bandiera.

Alla prossima generazione il concetto di bandiera nel calcio sarà estraneo perché di esempi non ce ne saranno più e tutto ciò che resterà saranno sempre le dichiarazioni di amore dei calciatori, con la consapevolezza, nei tifosi, di una scadenza nel breve-medio periodo. Viene da chiedersi come si è arrivati a questa situazione di disamore verso il lato più affettivo del calcio, tra chi vede nella mancanza di appeal e competitività del calcio italiano il limite maggiore e chi accusa le società di avere come unico scopo il profitto.

Photo LiveMedia/Fabrizio Carabelli Milan, Italy, May 20, 2023, italian soccer Serie A match AC Milan vs UC Sampdoria Image shows: Sandro Tonali of AC Milan looks on during Serie A 2022/23 football match between AC Milan and UC Sampdoria at San Siro Stadium, Milan, Italy on May 20, 2023 LiveMedia – World Copyright

A mente fredda, se le cifre saranno confermate, chiunque avrebbe detto sì alla proposta del Newcastle: 8 mln di ingaggio annui più 2 di bonus e 80 alla squadra rossonera. Al di là del carattere affettivo che lega un tifoso a un giocatore, bisogna considerare come l’aspetto economico sia da sempre un forte motore nel convincere atleti professionisti a “rinnegare” la propria parola e abbracciare un progetto calcistico diverso, talvolta di ridimensionamento per la destinazione, vedi il campionato arabo o la MLS, ricchi ma poco performanti. La vita professionale media di un calciatore è di circa 20 anni, nel corso della quale, al netto del talento, devi essere bravo anche a scegliere i contratti per assicurarti, volgarmente, una pensione spensierata e un tenore di vita adeguato a quello tenuto prima del ritiro. Offerte con ingaggi elevati sono quasi un toccasana per una carriera professionale che può dare grandi soddisfazioni, ma presentare altrettante difficoltà nell’adattarsi a un tipo di lavoro diverso, d’ufficio o reinventarsi in un altro settore lavorativo.

Le società non sembrano più avere bisogno delle bandiere, sono quasi viste come pericolose. Pensandoci, hanno una capacità di trascinare i tifosi e assicurarsi il loro favore grazie ad anni di fedeltà e dichiarazioni d’amore rispettate o offerte di squadre più blasonate a cui hanno rinunciato per amore della maglia. Basti pensare al caso di Totti e Spalletti, con il tifo romanista che si schierò dalla parte del capitano giallorosso al di là di qualsiasi possibile considerazione su età e resa in campo nel lungo periodo. Vale lo stesso discorso per De Rossi ma con una sottile differenza, la possibilità di giocare ancora almeno una stagione ad alti livelli e il sostanziale disinteresse della società nel cercare il dialogo con il Capitan Futuro giallorosso, almeno nel rispetto di quanto fatto in 19 anni di onorata carriera (includendo il periodo nelle giovanili).

Fonte foto: piccolenote.it

Entrate in società, soprattutto nel contesto italiano, le bandiere sono state solo sfruttate per tenere a bada i mugugni dei tifosi o essere il capro espiatorio di un presunto fallimento sportivo, senza ammettere anche le proprie colpe: Maldini è l’ultimo caso, ma già quando Totti salutò la Roma, dopo 2 anni in società, chiarì che non era mai stato veramente coinvolto da quest’ultima, incapace di trovargli un ruolo da ricoprire che non fosse il semplice testimonial della squadra giallorossa ed elevato a simbolo di fedeltà. L’interpretazione possibile di queste parole potrebbe essere la seguente: “Mi sono sentito un oggetto da mettere in mostra, non considerato per nient’altro che non fosse il semplice vanto della società“. Se le bandiere sono ormai solo degli oggetti da mostrare per dare un contentino ai tifosi più fedeli e affezionati a questo concetto, forse sarebbe meglio il distacco traumatico e brutale come fatto da De Laurentiis la scorsa estate, quando fece piazza pulita dei vecchi cardini del Napoli di Sarri senza troppi rimpianti e incurante delle lamentele dei tifosi.

Photo LiveMedia/Fabrizio Carabelli Milan, Italy, January 29, 2023, italian soccer Serie A match AC Milan vs US Sassuolo Image shows: Paolo Maldini Technical Area Director of AC Milan looks on during Serie A 2022/23 football match between AC Milan and US Sassuolo at San Siro Stadium, Milan, Italy on January 29, 2023 LiveMedia – World Copyright

Si torna, così, a Tonali: ingenuamente, si crederà sempre alle dichiarazioni di fedeltà di un giocatore. Perdere quel poco di umano rimasto in un calcio ormai solo business rischia di generare la più grande disaffezione verso questo sport che, inutile dirlo, costituisce un’economia a parte ma complementare a quella “classica“. Meglio non illudere nessuno, meglio non fare dichiarazioni di fedeltà e seguire opportunità di guadagno migliori valutandone rischi e benefici, tanto, al giorno d’oggi, a chi servono le bandiere?

Di Simona Ianuale