Di quello che una volta era un momento di gioia e fratellanza reciproca, ormai non resta niente: Napoli e Roma, le protagoniste del Derby del Sole, quando si affrontano rischiano sempre di far parlare più per quello che succede fuori dal campo che dentro. Un tempo gemellate, oggi le due tifoserie si odiano e sembra impossibile un ritorno al passato. Ma quando si genera questa frattura? L’opinione comune è che sia stato il famoso gesto dell’ombrello di Salvatore Bagni rivolto alla curva Sud dopo un insperato pareggio del Napoli contro la Roma il pomo della discordia (per cui, tra l’altro, si è più volte scusato). In realtà, la prima crepa si era vista la stagione precedente, quella che si concluderà con il primo tricolore partenopeo, ma forse è il caso di ripercorrere i rapporti tra le due tifoserie dall’inizio.
Gli inizi: amicizia fraterna
Tra i principali fautori del gemellaggio c’è Gennaro Montuori, storico capo ultrà del Napoli noto con il soprannome di Palummella, che riprende dai Cucs (Commando ultrà curva Sud) giallorossi il nome, adattandolo in Cucb, e i cori, iniziando a ospitare regolarmente amici romanisti in Curva B a Fuorigrotta. Nei primi anni ’80 la Roma era nettamente superiore al Napoli e la vicinanza tra le due tifoserie era più sul lato umano che sportivo, perché il divario in campo era netto: in occasione di una vittoria giallorossa per 5-1 i tifosi del Napoli si unirono al coro “Roma-Roma“, impensabile al giorno d’oggi. La Roma era vista come la squadra più vicina al Sud che potesse competere con la triade calcistica del Nord formata da Inter, Milan e Juventus, per cui i napoletani erano contenti di mostrare il proprio favore alla squadra giallorossa. La vicinanza tra le due tifoserie portò al rituale dello scambio delle bandiere, giri di campo nei rispettivi stadi e cori verso l’altra città dai supporters opposti in campo ma uniti sugli spalti. Tra fine anni ’70 e inizio anni ’80 non è difficile trovare immagini di tifosi napoletani e romanisti mischiati tra loro senza nessun problema. Gruppi dei tifosi romanisti vengono accolti dai Blue Lions in Curva A, gli striscioni dei due gruppi sono esposti insieme e in occasione di due Napoli–Lazio vengono esposti striscioni contro i biancocelesti. Su Youtube è facile trovare le prove che confermano i buoni rapporti tra le due tifoserie.
Fonte: iamnaples.it
La prima crepa e la frattura
Si arriva a due date fondamentali per l’evolversi del rapporto tra le due tifoserie: il 26 ottobre 1986 il Napoli si presenta all’Olimpico per la partita contro la Roma e tra i beniamini dei tifosi azzurri c’è Bruno Giordano, ex giocatore della Lazio a cui i tifosi romanisti riservano un coro offensivo; i Fedayn del Napoli rispondono riproponendo il medesimo coro, ma rivolto a Bruno Conti; finisce lì. Si arriva a 364 giorni dopo, il 25 ottobre 1987 con il Napoli scudettato e l’ormai celebre gesto dell’ombrello di Bagni. Prima dell’inizio della partita c’è il consueto scambio di bandiere, prima sotto la curva Nord, dove sono ospitati i tifosi napoletani, poi sotto la Sud, dove avviene l’impensabile: il collega della Roma non accetta il dono del portabandiera azzurro e iniziano a piovere fischi dalla curva, seguiti dal lancio di oggetti, mentre i tifosi del Napoli continua a intonare “Roma-Roma” ignari di tutto ciò. Il malcapitato batte in ritirata e sarà lui a informare il resto della tifoseria partenopea sull’accaduto. Al gol della Roma non c’è più posto per il coro amico verso la squadra giallorossa. Il pareggio del Napoli in 9 uomini e il famoso gesto dell’ombrello di Bagni verso la Sud saranno solo la scusa per una rottura consumata prima del fischio d’inizio. Finita la partita alcuni tifosi della Roma fanno la ronda alla stazione Termini in attesa dei napoletani e sono armati di bastoni, mentre intonano i classici cori discriminatori contro i napoletani: il gemellaggio è distrutto. Tre anni dopo furono documentati i cori razzisti dei giallorossi verso i napoletani, spingendo la Figc a introdurre la discriminazione territoriale nel Codice della Giustizia sportiva. Non sono solo fattori calcistici a determinare la rottura dei rapporti tra ultrà del Napoli e della Roma: prima di tutto i Boys Roma rivendicheranno il “merito” della rottura, ma il tifo giallorosso si era diviso di fronte all’acquisto di Lionello Manfredonia “reo” di aver giocato nella Lazio. Il Cucs si scinde: Cucs-Gam (dove Gam sta per “Gruppo anti Manfredonia“) e Vecchio Cucs. Le fazioni si dividono gli striscioni e le partite all’Olimpico vengono vissute da separati in casa, mentre i Boys e i Fedayn aumentano il loro peso nel mondo della tifoseria della Roma e non è difficile immaginare che in un contesto diviso come questo anche i gemellaggi potessero creare disagi: si può ipotizzare che proprio il rapporto privilegiato con i tifosi del Napoli sia stato sfruttato per imporre la linea di un gruppo o più di uno a tutti gli altri.
Fonte: Ansa
Una spirale di violenza
Da quel pomeriggio del 1987 il gemellaggio finisce e si passa alla violenza: in occasione di un Roma–Napoli del 1991 Gennaro Montuori tende la mano verso gli ultrà della Roma esponendo uno striscione in memoria di Antonio De Falchi, giovane tifoso romanista morto 2 anni prima, intonando cori che vengono, però, coperti da fischi assordanti. Non c’è posto per una riappacificazione. Nel 2001 diecimila tifosi giallorossi invadono Napoli per festeggiare lo scudetto, che non arriverà a differenza dei sassi dei tifosi partenopei a Fuorigrotta; nel 2005 altra guerriglia a Napoli con scontri tra tifosi e il commissariato preso d’assalto dagli ultrà napoletani; nel 2008 17 tifosi del Napoli vengono arrestati per l’assalto a un bus di tifosi della Roma diretto a Genova; ad agosto dello stesso anni verrà accoltellato un supporters partenopeo e arrestati 7 tifosi di entrambe le fazioni; infine, il drammatico prepartita della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina il 3 maggio 2014, quando Ciro Esposito, un tifoso del Napoli, viene raggiunto da un colpo di pistola sparato da Daniele De Santis, ex capo ultras romanista che ammette la colpa e verrà condannato a 26 anni, poi ridotti a 16. Il 25 giugno Ciro muore per le conseguenze dello sparo. La morte rende la frattura insanabile, come dimostrano gli scontri sull’autostrada A1 l’8 gennaio: le indagini sono ancora in corso, ma l’ipotesi più probabili è che le due tifoserie si siano date appuntamento per una regolazione di conti generata dall’odio scaturito dalla morte di Ciro Esposito.
“Roma–Napoli è una storia che va così, non si risolverà mai più“, dice Gennaro Montouri all’Androkonos sugli scontri in autostrada. Si spera che, prima o poi, sul derby possa tornare a splendere il sole.
Di Simona Ianuale
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