Luther Blissett, il “Black flash” dal gol sbagliato
Dicesi “predestinato” colui che mantiene le premesse iniziali. In ogni campo c’è un predestinato, in particolare nello sport, dove si trovano molti ragazzini che, da adulti, hanno confermato le attese della vigilia. I grandi fenomeni del calcio sono tutti predestinati: non si diventa campioni dall’oggi al domani, ma dietro c’è talento, perseveranza, grinta, voglia di emergere.
Uno di questi è stato Luther Blissett, giamaicano di Falmouth ed inglese di nazionalità, uno di quelli che si può dire ce l’ha fatta: partito dal basso (ovvero dalla quarta serie inglese, una sorta di ex C2 italiana, nella seconda metà degli anni Settanta), è poi arrivato a giocare in First division (la “mamma” della Premier) e a vestire i colori della Nazionale inglese.
Predestinato perché? Perché si vedeva che questo ragazzo aveva i mezzi per sfondare e doveva solo aspettare solo il suo turno.
La sua carriera è iniziata nell’estate 1975 quando, 17enne, ha debuttato nel Watford, squadra dell’omonima città dello Hertfordshire in Fourth division. La squadra locale, soprannominata “Calabroni” (Hornets), fino ad allora era stato ai margini del calcio inglese: nato nel 1881, non aveva mai militato in First, si era affacciato tre volte in Second division e quell’anno si apprestava a giocare, appunto, in quarta serie. Eppure al “The Vic” (abbreviazione di Vicarage Road, il nome del suo studio) si tifava tanto ugualmente.
Blissett nelle prime tre stagioni trovò un po’ di spazio, ma la palla non andava in gol. E questo è un male per un attaccante.
Nel 1977 il Watford era stato acquistato niente meno che da Elton John. Il motivo? Il cantante era un tifoso degli Hornets e acquistò il club per cercare di portarlo ad essere competitivo. E sotto la guida del cantante di Pinner iniziò la scalata del Watford al calcio inglese: nel 1979 fu promosso in terza serie, l’anno dopo in Second division e. al termine del campionato 1981/1982, il sogno si realizzò: a 101 anni dalla sua fondazione, gli Hornets venivano promossimi in First division per la prima volta nella loro storia.
Fra i grandi protagonisti dell’epopea dei “Calabroni” c’è stato Blissett che a partire dalla stagione 1978/79 iniziò a segnare goal a raffica, andando sempre in doppia cifra. Gioia e tripudio nell’Hertfordshire: il sogno del ragazzino giamaicano si era avverato ed avrebbe giocato con i grandi del calcio inglese. Un altro sogno lo aveva già realizzato: tra il 1982 e la promozione, Blissett giocò anche nove partite in Nazionale, segnando tre reti (tutte contro il Lussemburgo) in una partita di qualificazione all’Europeo francese del 1984.
Come si sarebbe comportato il Watford in First division? Ci fu molta curiosità verso il club allenato da sette stagioni da Graham Taylor e questo sorprese tutti: secondo posto dietro al Liverpool, staccato di undici punti. Oggi una squadra che arriva seconda nella massima serie inglese si qualifica ai tabelloni di Champions ed occuperebbe la seconda, la terza o la quarta fascia in base alla sua “storia” nella coppa dalle grandi orecchie ed invece il club si qualificò alla Coppa Uefa. Il “miracolo Watford” fu guidato in attacco proprio da Luther Blissett, 25 anni e…27 reti in campionato. L’attaccante del Watford aveva staccato di tre reti niente meno che Ian Rush e di nove Kenny Dalglish, due giocatori icone del Liverpool.
Nel primo anno degli Hornets in First, da segnalare il derby accesissimo con il Luton Town, alla quinta presenza complessiva in First e anche loro promossi l’anno prima con il Watford. Nei due match di campionato contro gli Hatters, Blissett, ribattezzato “Black flash” per la sua velocità in campo, segnò due reti nel match di ritorno in casa (dopo la sconfitta 1-0 dell’andata a Kenilworth Road).
La First division allora era un campionato molto importante ed il suo primato stava per essere intaccato dalla nostra Serie A. A livello di vittorie europee di club, gli inglesi erano avanti (sei Coppe dei Campioni e tre Coppe Uefa vinte e cinque finaliste perdenti nelle tre coppe europee del tempo tra il 1973 ed il 1983), ma il nostro massimo campionato era in rampa di lancio, visto che le frontiere si erano aperte ai giocatori stranieri, giravano tanti soldi e i primi campioni erano approdati nel nostro Paese, da nord a sud, nei grandi club come in “provincia”.
Luther Blissett non accompagnò il Watford nella sua prima campagna europea in Coppa Uefa, ma prese un aereo con destinazione “Milano” e firmò con il Milan: “Black flash” divenne il secondo giocatore inglese a militare nel nostro massimo campionato dall’apertura delle frontiere (stagione 1980/1981) dopo Trevor Francis, firmando per il club del presidente Giuseppe Farina.
Allora il Milan arrivava da un quadriennio buio: dopo lo scudetto della “stella” e l’addio di Rivera, il club andò in crisi profonda militando anche due stagioni (non consecutive) in Serie B e quella stagione, la 1983/1984, significava il ritorno in massima serie dopo la vittoria del torneo cadetto. Il presidente Farina voleva fare le cose fatte bene ed in grande: staccò un assegno da due miliardi di lire al Watford e diede a Ilario Castagner “Black flash”. Insieme a Blissett divenne un giocatore del Diavolo anche il belga Eric Gerets. Insieme a loro due, il tecnico trevigiano poteva contare anche su gente come Nuciari, capitan Baresi, Tassotti, Evani, Battistini, Spinosi, Icardi, il giovane Filippo Galli e davanti Damiani ed Incocciati.
Come si diceva, in Serie A giocavano tutti i campioni del Mondo di Spagna ’82 e vi militavano i migliori giocatori stranieri del tempo: da Platini a Falcao, da Edinho a Boniek, da Brady a Juary, da Prohaska a Passarella fino al colpo Zico, portato in Italia dall’Udinese. Tra questi, Luther Blisset si sarebbe tagliato il suo spazio.
Anche Nils Liedholm, uno che di calcio poteva ben parlare, ebbe parole lusinghiere per Luther Blissett. Peccato che tra il dire ed il fare ci sia…da scendere in campo: in trenta partite l’attaccante inglese segnò solo cinque reti e ne sbagliò molte, tra la rabbia di tutti i tifosi. Troppo tecnica e troppa tattica misero in crisi il bomber inglese che non rispettò i pronostici del suo arrivo in Italia. Quel Milan chiuse la stagione all’ottavo posto a tre punti dall’ultimo “treno” per la Coppa Uefa (che toccò all’Inter, arrivata quarta) e a undici punti dalla Juventus campione d’Italia.
Si scoprì che Castagner seppe per caso dell’arrivo di Luther Blissett: lui voleva tenere Aldo Serena, autore l’anno prima di otto reti e risultato decisivo per la promozione, ma Farina non era di quell’avviso: Serena tornò ad Appiano Gentile e a Milanello arrivò l’attaccante di origine giamaicane incubo di tutte le difese inglesi.
Se i tifosi si arrabbiarono, la stampa non ci andò leggera con Luther4 Blissett: Brera lo soprannominò “Callonissett”, storpiando il nome di Calloni, un attaccante noto più per i suoi errori sotto porta. L’essere diventato di colpo un “bidone” lo mise anche in cattiva luce alla stampa d’Oltremanica che coniò per lui il poco lusinghiero “Luther Miss It”, “Luther sbaglialo”, segno che anche in Inghilterra erano arrivati i video in cui l’attaccante della Nazionale dei Tre leoni non ne imbroccava una. Nazionale dei Tre leoni che non si qualificò poi per Francia ’84 per un punto in meno rispetto alla Danimarca, nonostante avesse avuto la differenza reti più ampia di tutti i gironi di qualificazione.
“Black Flash” pur rivelandosi un attaccante generoso e mobile, dimostrò presto di avere grossi limiti tecnici, in particolare nel controllo di palla, e fallì il fallibile davanti alla porta (leggasi Inter-Milan del 6 novembre 1983, ad esempio). Fu un vero peccato perché il giocatore era arrivato in Italia con le stimmate del predestinato perché non si vince la classifica marcatori della First division per caso. Nell’estate 1984, quella che vide l’arrivo in Italia di Socrates e Maradona, Luther Blissett riprese l’aereo e la destinazione fu “Watford”: tutto era iniziato da lì e tutto da lì doveva continuare. L’attaccante si riprese alla grande, tanto che nelle successive quattro stagioni segnò ben quarantatre reti. Nel 1988 firmò poi con il Bournemouth, in Second division, dove segnò anche lì con regolarità (56 reti totali in tre anni).
Nel 1991 tornò ancora a Watford, da quattro stagioni tornato in Second, e anche lì andò in doppia cifra. Fece ancora benino nel West Bronwich per poi giocare gli ultimi anni di carriera nelle misconosciute (alle nostre latitudini) Bury, Derry City, Mansfield, Southport, Wimborne Town e Fakenham Town. Dopo il ritiro fece per qualche anno l’allenatore senza particolare successo e nel 2007 divenne titolare di una scuderia automobilistica, la “Team48 Motorsport”.
Dopo un decennio di silenzio, il nome “Luther Blissett” riapparve nel 1994 grazie ad un qualcosa di insolito: un movimento anticonformista e di controcultura che manifestava il suo operato nella letterature e nel campo artistico. Un “Project”, un “collettivo” per dirla all’italiana: nacque il “Luther Blissett Project”, un gruppo di persone sparse nel Mondo che si era unito per lottare contro la cultura dominante, andare contro gli stereotipi e la superficialità dilagante del Mondo. Il gruppo dava carta bianca a tutti: chiunque poteva fare parte del collettivo firmandosi solo “Luther Blissett Project”. E nel 1999 questo collettivo pubblicò il romanzo “Q”, arrivato quarto al Premio Strega di quell’anno che non vide la presenza dei fondatori del collettivo alla finale per protesta contro il sistema. Sempre quell’anno il “Collettivo Luther Blissett Project” si sciolse.
Tornando al Luther Blissett “originale”, è stato propheta solo in…patria? Assolutamente, visto che in carriera solo in rossonero ha fatto male. E quel suo “fare male” lo ha consacrato a icona del “bidone”, quel giocatore che delude tanto le aspettative rispetto all’hype del suo arrivo. Luther Blissett in Italia è stato, suo malgrado, l’esempio del classico “bidone” rispedito al mittente già la stagione successiva.
Come se non bastasse, la vulgata dice che nel 1983 ”Giussy” Farina fosse indeciso se portare in Italia Luther Blissett o John Barnes. Portò, come abbiamo visto, Blissett mentre Barnes nel Watford fece tanti gol e nel 1987 passò al Liverpool dove, in dieci anni, vinse diversi trofei diventando un attaccante iconico per i “Reds” e per il calcio inglese. Quando si dice il destino.
Un destino chiamato “Luther Blissett”, quello che sognava di fare meglio di Platini ma che era diventato l’icona del “bidonismo” calcistico. Rimane però il fatto di un ragazzo nero nato in Giamaica e trasferitosi nel Regno Unito negli anni Settanta dello scorso secolo e che dovette fronteggiare violenza, razzismo, classismo, miseria e povertà. Blissett, grazie ai soldi guadagnati giocando a calcio, ha fatto una cosa molto progressista permettendo alla gente del suo quartiere di poter avere una casa e vivere dignitosamente aiutando diverse associazioni inglesi di volontariato.
“Bidone” con i piedi, non con l’animo questo Luther Blissett, vero?
Articolo a cura di Simone Balocco