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Caso Maignan, Boateng: “In 11 anni non è cambiato nulla. I social sono il terreno dell’odio”

Le parole di Kevin Prince Boateng sulla questione Maignan e il razzismo nel mondo del calcio

L’ex giocatore del Milan Kevin Prince Boateng, intervistato da La Gazzetta dello Sport, ha espresso il suo parere in merito ai cori razzisti di cui è stato bersaglio Mike Maignan, portiere francese dei rossoneri durante Udinese-Milan. Lo stesso Prince 11 anni fa fu vittima di una situazione analoga, nel corso di una amichevole giocata contro la Pro Patria, quando militava nelle file del “diavolo“, che lo spinse a togliersi la maglietta e rientrare negli spogliatoi, interropendo la partita in corso: “Passi avanti rispetto a 11 anni fa? Direi zero. Non è più nemmeno una cosa triste, è semplicemente vergognosa. Lo capisco al cento per cento quando minaccia di non giocare più. E sono cose che non succedono solo in Italia. Se ho contattato Maignan? Gli ho scritto due volte, lui è un ragazzo fenomenale. Lo posso e voglio aiutare. Se lo vorrà, andrò a trovarlo a Milanello, perché ha bisogno di una mano. Anche se magari dice di stare bene, non sai mai come una persona poi reagisce nel suo intimo”.

LA SOLUZIONE AL PROBLEMAOccorre che un maggior numero di giocatori trovino il coraggio che ha trovato Mike. A parlare e a esporci siamo sempre e solo noi, giocatori di colore. Non basta più lo slogan ‘basta col razzismo’, servono calciatori di tutto il mondo che prendano posizione. Le istituzioni? Dovrebbero buttare fuori la gente dagli stadi. L’esclusione a vita di quel tifoso dallo stadio dell’Udinese decisa dal club è stato un gesto molto importante, anche perché è stato fatto senza attendere la giustizia sportiva. L’Udinese ha fatto una cosa molto importante perché quando succederà di nuovo, il prossimo club coinvolto non potrà fare di meno, ma dovrà fare di più. Dopo di che, dico partita persa a tavolino al primo episodio, perché la propria squadra che perde, ti punge nel vivo. Servono anche più telecamere e microfoni, così si arriva subito al colpevole”.

IL RUOLO DEI SOCIAL E LA FORZA DI IBRAI social non aiutano, anzi, sono il terreno dell’odio. Chiunque può insultare in modo forte e violento. Non capisco perché chi gestisce queste piattaforme non prende provvedimenti adeguati. Per esempio, un giocatore nero che vede sotto il suo profilo la faccia di una scimmia va a casa e ci sta male. Non sono tutti forti come Ibra. Lui ci è passato tante volte, ma è un uomo molto forte, che ha esperienza e mentalità. Avere uno come lui ti aiuta tantissimo“.

PERCHE’ DA QUEL PRO PATRIA-MILAN NON E’ CAMBIATO NULLANulla è cambiato, perché tutti dicono ‘sì, facciamo, agiamo’, ma poi non capita niente perché ognuno pensa a se stesso, pochi prendono davvero l’iniziativa. Tanti hanno paura, il mondo è diventato così. Magari la domenica hai perso e il lunedì allora dici ‘non posso parlare di razzismo ora, devo pensare alle cose di campo’. Per quanto mi riguarda, avere la possibilità di provare a cambiare qualcosa mi rende molto orgoglioso”. 

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