Le cinque regole di Spalletti: vietato tardare, no ai cellulari, niente cuffie, videogiochi limitati, niente play. Scherzi? Vanno dosati
Scrive La Gazzetta dello Sport, “Niente teste di cazzo” disse Spalletti il 9 ottobre a Coverciano, e non era una volgarità gratuita ma la citazione dal celebre libro di James Kerr dedicato all’etica del lavoro degli All Blacks. Il c.t. voleva azzurri concentrati al massimo, rispettosi delle regole, lontani da derive poco professionali che inevitabilmente condizionano il rendimento (almeno se non sei Maradona). Sono trascorsi otto mesi. Spalletti aveva promesso di regalare a tutti una copia del saggio. Che l’abbia fatto o meno, i 26 di Iserlohn sanno benissimo che non sono ammesse deroghe, da Firenze alla Germania. Non si vive di sola tattica.
Squadra concentrata significa che nessuno può isolarsi nel suo mondo virtuale, si tratti di social o semplicemente di musica. Per cui: niente gente che cammina con le cuffiette, “con lo sguardo da ebete”, precisò il c.t. per rendere meglio l’idea. Il messaggio non era casuale: pur essendo lontani i tempi degli “alternativi”, qualche “birichinata” scappava ancora, indiziati in particolare Zaniolo e Kean, che le avevano fatte girare anche a Mancini. Dunque, seconda regola: niente gente che ride e scherza sguaiatamente. L’impressione sarebbe di una superficialità che il ruolo e la maglia azzurra non permettono. Il che non significa musoni e facce tristi, sennò è finita, “ma lavorare divertendosi”. Lavorare però. Concentrazione massima. In allenamento non vola una risata.
Sembra un’ovvietà, ma c’è anche la puntualità. La squadra è la squadra, non un mucchio di singoli. Alle 12 tutti assieme alla riunione tecnica, alle 12.45 a pranzo, alle 20 a cena. Nessuno in ritardo perché aveva da fare. Più libertà a colazione: visto che gli allenamenti sono nel pomeriggio, si può arrivare entro le 11. Dopo cena, non c’è il coprifuoco per spegnere le luci, ma il riposo è parte integrante della preparazione di un professionista. Non siamo ai tempi di Bearzot e Trap che giravano per le stanze la sera. Ma, si sa, le playstation personali sono state bandite, e con loro la tentazione delle notti magiche al video. Il caso Scamacca ha fatto scuola. Qui è nata una “stanza dei giochi” con ping pong, biliardo, bigliardino, due videogiochi anni 80 (con i blocchi tipo flipper) e quattro consolle, due delle quali con il simulatore automobilistico. Infine, il telefonino. Si usa prima di pranzo e cena, le videotelefonate con la famiglia annullano le distanze, poi aggeggi spenti.