“Lo chiamavano Brizenbauer”, la favola di Pino Brizi. Con la Fiorentina una storia d’amore lunga una vita
Macerata e Firenze unite sotto la stessa bandiera, quella di Pino Brizi
Pino Brizi è stato in grado di unire due città, Macerata e Firenze, due realtà orgogliose del proprio campione, mai state vicine quanto oggi. “Ogni volta è un’emozione che si rinnova – ha detto Gianluca Brizi, figlio di Pino, con gli occhi pieni di commozione – appena nato già facevo Firenze-Macerata”.
Auditorium gremito alla Biblioteca Mozzi Borgetti di Macerata per “Lo chiamavano Brizenbauer. La favola viola di Pino Brizi”, il docufilm che ripercorre accuratamente l’ascesa del calciatore marchigiano nel mondo del calcio. Pino Brizi è il tifoso viola che ha coronato il sogno di giocare nella sua squadra del cuore, ed addirittura l’ha guidata nella conquista dello scudetto 1968-69 (il secondo nella storia dei viola). Macerata continua ad omaggiare il suo campione, dopo l’intitolazione dello stadio Helvia Recina. L’evento è stato organizzato dalla S.S. Maceratese con il patrocinio del Comune di Macerata.
Ad aprire la presentazione il giornalista e tifoso viola Carlo Cambi che ha evidenziato l’unicità di Pino Brizi, ricordando inoltre che la prima maglia della Fiorentina non era viola bensì biancorossa, come un segno del destino, del legame con la città di Macerata: “Una città straordinariamente capace di sentimenti. Aldilà del tifo, oggi, venendo così numerosi, avete dimostrato che il cuore di Macerata è bianco e candido come il giglio e rosso come il cuore, la passione di questa città”. È intervenuto inoltre durante l’evento, Riccardo Sacchi, assessore allo sport del comune di Macerata.
Il regista del docufilm Roberto Davide Papini, giornalista de La Nazione e tifoso viola, ha spiegato quanto l’ha colpito la storia di Brizi e come grazie ad essa ha conosciuto ed apprezzato la città di Macerata. “Brizi fa parte della mia prima Fiorentina – ha aggiunto Papini –, sono andato per la prima volta allo stadio con mio padre nel 1972, egli scelse una partita in cui la Fiorentina avrebbe vinto sicuramente, ovvero Fiorentina-Mantova, pregustando la goleada. Ovviamente vinse il Mantova 1-0 (ride, ndr) penso sia stata l’unica vittoria esterna del Mantova in quel campionato, da lì ho capito che per tifare viola ci vuole un po’ di sofferenza”.
Nel documentario Gianluca Brizi ha raccontato come suo padre si innamorò della Fiorentina, in quegli anni la squadra viola era tra le migliori, e la sua prima infatuazione per i gigliati risale proprio al primo scudetto. Poi il viaggio a Firenze vinto in un torneo, occasione in cui visitò il comunale ed incontrò i giocatori della Fiorentina, ricevette anche l’autografo. Fu lo scoccare della scintilla “di una storia d’amore che è durata tutta la vita. Non ha mai cambiato squadra e non si sarebbe mai visto con una casacca diversa”, così l’ha definita il figlio. Brizi mosse i primi passi dal punto di vista calcistico presso l’oratorio dei Salesiani, poi il passaggio alla Robur prima di essere preso dalla Maceratese che lo fece allenare ed esordire in Serie C. Finì così anche nel giro delle rappresentative nazionali. Il suo modo di giocare attirò le attenzioni di diversi club tra cui Fiorentina, Spal e Modena. Nel 1961 poi il grande salto, iniziò in quell’anno la sua avventura con la maglia della Fiorentina. E poi dopo 14 anni in viola, quel telegramma, ad un giorno dalla fine del mercato, che segnò lo svincolo e dunque la fine della carriera alla Fiorentina di Brizi, un “finale amaro”, per questa favola. L’ultima immagine del documentario ci restituisce un Pino Brizi, ormai anziano, che accarezza dolcemente la sua maglia viola con lo scudetto cucito sul petto.
Oltre al prezioso contributo di suo figlio Gianluca, all’interno del documentario sono presenti molteplici ex calciatori della Fiorentina e della Maceratese: Giancarlo Antognoni, Giancarlo De Sisti, Luciano Chiarugi, Moreno Roggi, Claudio Merlo, Alberto Prenna e Giovanni Pagliari.
“Sono arrivato nel 1972 – ha raccontato Giancarlo Antognoni nel docufilm” -, ormai sono passati molti anni, però i ricordi sono sempre presenti. Ho conosciuto i calciatori della Fiorentina di quel periodo, per noi 18enne appena arrivati erano mostri sacri. C’era un rispetto notevole per giocatori come Brizi, Merlo, De Sisti… Tutti questi giocatori che hanno fatto la storia della Fiorentina. Il primo impatto che ho avuto con Pino è stato di rispetto. Era un giocatore forse di un’altra categoria in quel periodo nonostante ricoprisse un ruolo di libero (prima c’era, ora non esiste più), un giocatore che non faceva mai fallo però prendeva sempre la palla. Usciva sempre da una mischia con il pallone tra i piedi, era una sua prerogativa, era un po’ soprannominato il Beckenbauer italiano in quel periodo, un giocatore molto elegante, che ricopriva un po’ il suo stesso ruolo”. Sul campo di Coverciano, nel documentario, insieme ad Antognoni è presente Moreno Roggi, il quale ha parlato così di Brizi: “Ricordo che con un anticipo di tacco riuscì a fermare Anastasi in un Fiorentina-Juve. Pino era un autentico campione, tecnicamente e moralmente un vero signore del calcio”
Giancarlo “Picchio” De Sisti suo ex compagno di squadra alla Fiorentina, ha mandato un videomessaggio ed ha definito così il ‘signore del calcio’ di Macerata: “Un gentiluomo aveva tanta classe e stupiva. Ha colpito un po’ tutti quelli che giocavano nella Fiorentina per la sua serietà, il suo sorriso a volte e l’essere sempre se stesso. Un ragazzo d’oro che potrebbe vivere in tutte le epoche, è il figlio che ogni giocatore avrebbe voluto”.
“Lo chiamavano Brizenbauer. La favola di Pino Brizi” narra l’uomo e conseguentemente il calciatore che ha portato la “bandiera di Macerata” nel calcio nazionale. Pino Brizi, con la sua favola, insegna ad ogni bambino a credere nei propri sogni.