Domenico Martimucci l’attentato mafioso che distrusse i sogni del “Piccolo Zidane”

Fonte foto: Corriere di Bari

Di Alessia Incampo

Domenico Martimucci giocava in Eccellenza nel Castellaneta, aveva ventisei anni, quando perse la vita in una sala giochi di Altamura a causa di un attentato mafioso.

Una delle canzoni più famose sul calcio è sicuramente quella di Francesco De Gregori, Leva Calcistica della classe ’68. C’è un verso che dice “Chissà quanti ne hai visti, quanti ne vedrai, di giocatori tristi che non hanno vinto mai..”

A volte ci sono giocatori a cui è stata tolta anche solo la possibilità di vincere. Domenico Martimucci è un ragazzo di ventisei anni, gioca in Eccellenza nel Castellaneta, tutti lo chiamano Domi fuori dal campo e “Piccolo Zidane” quando tira calci al pallone.

Domi la sera del cinque marzo duemila quindici decide di andare in una sala giochi ad Altamura, sua città di origine. È da poco passata la mezza notte, magari Domenico sta ridendo, magari parla con gli amici di sempre in dialetto, magari sta vincendo una partita a biliardo. È difficile dirlo con certezza, perché all’improvviso si sente un boato, il pavimento trema e poi di sgretola tutto: porte, finestre, giochi.

Il boss locale ha ordinato di dare un avvertimento al suo principale rivale legale per le scommesse, è scoppiato un ordigno, sette feriti e Domi.  Ci saranno interventi d’urgenza per cercare di salvarlo, ci saranno cinque lunghissimi mesi di coma e poi il cuore di Domi si fermerà.

Su di lui si sentirà dire spesso “era nel luogo sbagliato, nel momento sbagliato” ma forse di sbagliato c’è solo il contesto e i mandanti e gli esecutori dell’attentato.

Fonte foto: Club Doria 46

Nessuno ha dimenticato questo Zidane tutto pugliese, nemmeno un suo vecchio compagno di gioco, Ciccio Caputo che quando decise di prendere la maglia numero dieci per la Sampdoria disse: “Il 10 era il numero di un mio amico di infanzia venuto a mancare qualche anno fa, Domenico Martimucci. Giocavamo insieme in Eccellenza, lo chiamavamo Zidane, era lui a mandarmi in gol […] giocare con questo numero addosso mi fa ricordare il suo sorriso”

E di giocatori tristi, che non hanno potuto vincere mai, chissà quanti ne hai veduti. Chissà quanti ne vedrai.